Parola greca antica che significa rompicapo, indovinello: breve matassa di parole da sbrogliare per trovare – indovinare e divinare – la risposta. L’enigma originariamente appartiene alla sfera divina ed è il linguaggio ambiguo ed equivoco di Apollo, che, attraverso la sua sacerdotessa, la Pizia, risponde con oracoli enigmatici a chi si reca presso il suo tempio a Delfi e gli pone una domanda.

Apollo, “che lungi saetta”, è un dio armato di arco e di frecce, e ogni enigma è una freccia che sibila sinistra e che minaccia di colpire chi fallisce la risposta, chi è incapace di sciogliere e risolvere l’enigma. Perché l’enigma greco antico si basa sulla sfida verbale, sulla gara conoscitiva e sul rischio mortale? Perché Apollo non offre una risposta semplice e diretta?

Perché tra uomo e dio, tra pensiero e linguaggio umano e pensiero e linguaggio divino, c’è uno scarto fondamentale. Come dice il filosofo greco Eraclito (V secolo a.C.), Apollo “non dichiara e non nasconde, ma significa”, cioè invia segni, indizi significativi e rivelatori con cui decifrare la verità. Apollo, dio del sole, usa un linguaggio coperto, velato, non immediatamente comprensibile, come se una nuvola (enigmatica) coprisse i suoi dardi o raggi di sole. Questo perché la conoscenza da parte dell’uomo è un bene che va conquistato con impegno e con fatica, anche a costo della vita, essendo l’ignoranza la causa d’ogni male. E per un greco antico, competitivo per natura e per cultura, una sfida è lo stimolo migliore per mettersi in gioco e conquistare conoscenza e verità.

Con gli enigmi e gli oracoli di Apollo la guerra diventa agone e gara d’intelletto. L’enigma pone un problema da risolvere razionalmente. La sua forma appare illogica, assurda, contraddittoria, ma la sua soluzione è perfettamente razionale ed esige l’intervento della ragione. Per questo motivo l’enigma rappresenta l’origine e la matrice della filosofia, che usa il lògos, la ragione, per indagare e svelare il mistero e la natura delle cose.