Da Narciso, personaggio mitologico greco, insensibile all’amore, che si innamora senza riconoscersi della propria immagine riflessa su uno specchio d’acqua.

Seguendo i criteri della V edizione del manuale diagnostico, chi è affetto dal disturbo narcisistico di personalità si sente avvolto da un’aura di grandiosità, importanza, potere, successo e fascino illimitati quanto immotivati nei fatti. Il narcisista patologico si percepisce come un’entità unica, speciale, meritevole dei più elevati ranghi sociali, di riconoscimento, ammirazione e gratitudine. Si aspetta che gli altri si comportino come strumenti delle sue aspettative, senza che gli/le sia richiesta alcuna partecipazione empatica o affettiva. Quando il narcisista decide di mettersi in gioco, si aspetta che venga apprezzata l’eccezionalità dell’evento, risultando perciò oltremodo arrogante e presuntuoso.

Un nucleo narcisistico, dalla valenza costruttiva, appartiene a tutte le persone, descritto dagli studiosi umanisti (per esempio, C. G. Jung) come “sano egoismo”, che induce a proteggere i propri confini identitari nei confronti delle pressioni sociali, aiutando gli esseri umani a diventare persone davvero uniche. Il dialogo individuo-società passa attraverso questa cerniera identitaria, ed è su questo confine che si gioca la socializzazione degli ultimi 40 anni, con i mezzi di comunicazione di massa che spesso insistono sull’elemento identitario individualista, creando una sovrapposizione di concetti confusiva e fuorviante.

Identitario non significa individualista ed egoista. Egoismo e individualismo appartengono piuttosto a un “narcisismo culturale” che induce gli individui a nascondersi nel loro piccolo mondo illusorio, mostrandosi pubblicamente “belli”, “vincenti” e “performanti”. In un mondo narcisistico, un serio percorso psicologico – identitario, individuale e sociale – è considerato una vera e propria minaccia da parte di chi desidera controllare le masse e manipolare gli individui.